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Inconscio Icone Guarigione

Secessione III

Secessione III

Secessione III nasce dal bisogno di attraversare ancora una volta i territori dell’inconscio, portando con me le donne, i volti, i corpi e le storie che negli anni hanno abitato la mia ricerca. In questa fase, la fotografia diventa pelle e ferita, superficie che trattiene e restituisce. Su di essa applico l’oro zecchino, non come ornamento, ma come atto alchemico: un gesto di trasmutazione.

L’oro, nella tradizione alchemica, è il simbolo della perfezione e della luce interiore. Per me, è la materia che ricuce le lacerazioni dell’inconscio femminile collettivo, ferito da secoli di silenzio e negazione. Ogni lamina che aderisce al corpo, ogni frammento che vibra sulla fotografia, diventa mappa e sigillo: un percorso per trasformare il dolore in coscienza, la frattura in possibilità.

Il dialogo con Jung e Marie-Louise von Franz mi ha insegnato che gli archetipi non sono solo immagini lontane, ma energie viventi che tornano, insistono, chiedono di essere incarnate di nuovo. In Secessione III gli archetipi femminili emergono non come figure da contemplare, ma come presenze da abitare, da attraversare. Figure liminali che incarnano la ciclicità, la distruzione e la rinascita, la ferita e la guarigione.

Ho imparato, anche grazie all’incontro con la psicomagia di Jodorowsky, che l’immagine non è mai neutra: può ferire o può curare. Il gesto di applicare l’oro diventa per me un atto psicomagico, un rito intimo e collettivo che unisce il visibile e l’invisibile. L’oro trasforma la fotografia in icona contemporanea, capace di riportare al presente ciò che è stato rimosso, di risvegliare memorie sepolte nell’inconscio e di restituire al femminile la sua potenza creatrice.

Secessione III è il punto in cui la mia ricerca fotografica incontra il mito, l’alchimia e la psicologia del profondo. È un attraversamento che non riguarda solo le donne ritratte, ma anche me stessa: ogni opera diventa un frammento del mio percorso personale, un autoritratto in cui riconosco le mie ferite e i miei passaggi. È un lavoro che continua a trasformarsi, perché l’inconscio non si lascia mai fissare del tutto.

Questo ciclo rappresenta, per me, un atto di resistenza e di restituzione: resistenza al silenzio e all’oblio, restituzione della bellezza e della sacralità del femminile. Con Secessione III desidero che la fotografia non resti solo immagine, ma diventi rito, varco, possibilità. Che diventi uno strumento di guarigione e di conoscenza, un ponte tra la psiche e la materia, tra il corpo e l’archetipo, tra il visibile e il mistero.

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Eucalipto 

L'ORO

Eucalipto Banaitja è, secondo la mitologia aborigena australiana, una divinità creatrice, figlio (o padre) di Laitjun o Laintjung, anche se spesso vengono considerate un'unica entità. Secondo la leggenda, dopo molti viaggi, gli aborigeni cercarono di uccidere la divinità mentre dormiva; questa alla fine si trasforma in un albero di eucalipto del golfo di Carpentaria. Fa parte delle divinità degli antenati dell'Arnhem del nord-ovest, come Djanggawul, Walwilak e Laintjung.

L’oro non si limita a brillare: trasfigura.
Nell’istante in cui si posa, diventa alchimia silenziosa, un varco tra la materia e l’invisibile.
È memoria che si solidifica in luce, come se il tempo stesso decidesse di lasciare una traccia.
Non copre, non cancella: rivela. Fa emergere la ferita e la consacra, la rende reliquia, amuleto, promessa di rinascita.

Vanessa Rusci Self portrait

Aglaia

GLORIA

Aglaia dea greca della bellezza, dello splendore, della gloria, della magnificenza e ornamento.


L’oro non arriva come un colore. Non è pittura né decoro.
Quando lo appoggio sulla pelle delle immagini, respira come una foglia fragile, tremante, eppure eterna. Si spezza al minimo tocco, si dissolve se non viene custodito, ma quando aderisce si trasforma in cicatrice luminosa.

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Estia

IL FUOCO

 

Estia era una dea di grande importanza nei tempi antichi: come primogenita di Crono e Rea era la prima a essere evocata durante i rituali, era considerata anche protettrice delle città greche e, essendo la personificazione stessa del fuoco e del focolare, era molto importante per i rituali che proprio del fuoco prevedevano l’uso. 

Vanessa Rusci Self portrait 

Ogni frammento che poso è un gesto di ascolto: la fotografia mi parla delle ferite, delle assenze, dei vuoti che portiamo dentro. Io rispondo con l’oro, come un antico alchimista che conosce il peso del piombo e la promessa della luce.Non è un atto estetico. È un atto magico. L’oro zecchino diventa pelle nuova, sigillo, memoria che brucia e guarisce. È la materia che ricorda agli archetipi di rinascere, che restituisce alla donna la sua potenza sacra, la sua voce dimenticata.

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Eucalipto 

BLU

 

Eucalipto Banaitja è, secondo la mitologia aborigena australiana, una divinità creatrice, figlio (o padre) di Laitjun o Laintjung, anche se spesso vengono considerate un'unica entità. Secondo la leggenda, dopo molti viaggi, gli aborigeni cercarono di uccidere la divinità mentre dormiva; questa alla fine si trasforma in un albero di eucalipto del golfo di Carpentaria. Fa parte delle divinità degli antenati dell'Arnhem del nord-ovest, come Djanggawul, Walwilak e Laintjung.


L’oro non arriva come un colore. Non è pittura né decoro.
Quando lo appoggio sulla pelle delle immagini, respira come una foglia fragile, tremante, eppure eterna. Si spezza al minimo tocco, si dissolve se non viene custodito, ma quando aderisce si trasforma in cicatrice luminosa.

Vanessa Rusci Self portrait

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